di Francesco Carlà

La e-pubblicita' e' l'anima dell'e-commercio?

dell' 8/03/2000
di Francesco Carlà

Giacinto Tenaglia
Gent.mo Dott. Carlà,
le scrivo in merito ad una società, la WINWIN.COM, della quale oggi
si è parlato abbastanza diffusamente in un articolo de Il sole 24 ore.
Hanno un progetto rivoluzionario per la pubblicità WEB, calibrandola
(finalmente!) sui gusti e sulle richieste del consumatore e offrendo
una remunerazione (sic!) al consumatore che risponde al messaggio.
Offrono un veramente ad ALTO e-VALORE AGGIUNTO (esiste il
termine e-valore aggiunto?), collocandosi, addirittura, in un campo
che è sia b2c sia b2b. Unica concorrente: DoubleClick. Mi sembra che
il management sia molto buono, composto da giovani in prevalenza e c'è
stock option per tutti i collaboratori ed il management, cosa che lascia
ben presagire circa l'andamento futuro del titolo.
Attualmente WINWIN.COM non è quotata, ma è prevista la IPO entro 12 mesi
con quotazione in USA ed in EUROPA.
Scusandomi per i toni un po' troppo apologetici ed entusiastici, le chiedo
se conosce questa società e se pensa che le azioni WINWIN.COM possano
rappresentare un buon investimento.

-Carla'
Avevo giusto in mente di dedicare un numero di FW allo strano mondo della
pubblicita' on line. Roba complessa, mercato difficile per motivi vari.
Vediamo.

Quando Netscape ha aperto a tutti le porte di Internet, inaugurandone la
sua versione World Wide Web (www), quasi tutti hanno pensato: il
Simulmondo
campera' di pubblicita'. La maledizione dei mass media doveva colpire
ancora.

Mica vero.

Gia' un anno dopo era molto chiaro che la pubblicita' sulla Rete
non sarebbe bastata a far vivere milioni di siti. Nemmeno un po'.

Abituati alle grandi audience della TV, i pubblicitari finivano per
spendere la maggior parte dei soldi sui grandi portali: Yahoo! e AOL
e poco piu'. Cosi' Doubleclick (nasdaq-dclk) per prima si inventa
il network automatico (un mucchio di siti che ospitano la stessa
pubblicita')
e un software per definire il target e bombardarlo ovunque si celi (dart).

Risultato: adesso vale 24.000 miliardi in lirette e in un anno ha corso
da 26 dollari fino a 135 (adesso 97). E questo nonostante qualche
'problemino' di immagine per via di dichiarazioni avventate sulla politica
di tutela della privacy. Da qualche mese ha mangiato Net Gravity.

Di netstocks della e-pubblicita' ce ne sono altre. Per esempio
24/7 (nasdaq-tfsm), piu' piccola e in perenne attesa di acquisizione
da parte di Doubleclick. Vale 2000 miliardi a Wall Street e ha oscillato
tra i 21 e i 70 dollari nelle ultime 52 settimane. Adesso e' a quota 53.

Poi Link Exchange, originale sistema automatico di scambio spazi
pubblicitari, in seguito inglobata dal Microsoft Network, e infine
Engage tech (nasdaq-enga), controllata da CMGI, volata dai 19 dollari
della IPO di qualche mese fa, ai 177 di oggi. Vale 17.000 miliardi.

Sul mercato italiano sono in lotta in molti. In primo piano concessionarie
che vengono dai mass media: Publitalia, Publikompass, SMA, Cairo e Manzoni
giusto per fare qualche nome. E Click it, Active Advertising (Matrix) e
la filiale italiana di 24/7 Media tra le concessionare tuttoweb.

Anche se per ora la pubblicita' su Internet significa soprattutto due o
tre cose:

1 Banners: i rettangolini colorati e ossessivi, interattivi se cliccati.
Solo che pochissimi cliccano. Meno dell'uno per cento di solito.
2 Sponsorizzazioni e altre diavolerie. Anche queste funzionano meglio se
cliccate.
Ma pochi cliccano.
3 Pubblicita' sulle newsletters: su Finanza World non ne vedrete mai,
ma in America e' in gran voga.

Ma il Simulmondo vuole assolutamente andare oltre la pubblicita' che
ci ha violentati per anni dai mass media. La e-pubblicita' deve
essere interattiva, chiedere permesso (permission marketing) e
magari pagarci per vederla. Come nel modello di winwin.com

Un po' succede gia' con gli accessi alla Rete tipo Tiscali o Libero.
Oppure con le operazioni di Net Fraternity, Alladvantage e ValuePay.
In molti di questi casi si viene pagati per navigare. In modi e tempi
diversi, ma sempre per essere esposti alla comunicazione commerciale.

Siamo tutti bersagli della guerra degli spot virtuali. Ma bersagli mobili.






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