di Francesco Carlà

Affari nostri: Patto all'italiana

del 20/03/2006
di Francesco Carlà

Carissimi Fwiani,

Di Guido Rossi vi ho gia' parlato.

Vi ho anche ricordato due suoi libri
recenti, Capitalismo opaco e Il gioco
delle regole, che continuo a consigliarvi.

Guido Rossi, il giurista, e' stato anche
l'artefice della distruzione delle speranze
dei Furbetti del quartierino.

Le speranze di spartirsi Antonveneta,
BNL e, tanto per pensare in grande, il Corrierone.

Senza contare che poi ripensavano a Telecom.

Perche' Guido Rossi ha lavorato contro
i Furbetti risulta chiaro se leggete i
due libri di cui sopra:

Rossi ama il mercato come lo pensano
le persone serie e competenti: il mercato
frutto delle regole e degli arbitri,
non dell'illegalita' e della furbizia.

Poche cose ostacolano il mercato vero
come queste tre:

1 Conflitto d'interessi
2 Monopoli e monopolisti
3 Patti di sindacato

La storia che state per leggere sotto
e che stiamo vivendo da anni, temo che
riguardi tutte e tre le questioni.

Chissa' cosa ne pensa Guido Rossi ...

-Marcello Zacché per "Il Giornale"

Cesare Romiti, che un po' se ne intende, è andato dritto al cuore del
problema: «Le perplessità dei Benetton non riguardano gli aspetti
legali dell'operazione, ma sono di altro tipo». Laddove l'«operazione»
è la proposta di acquisto, presentata a Gilberto Benetton da Guido
Roberto Vitale, di un pacchetto del 5% del capitale di Rcs, la società
che controlla il Corriere della Sera. Proposta che, appunto, Benetton
ha respinto, ancorché con grande cortesia.

Ora Vitale, banchiere d'affari che si sta occupando di collocare il
14% di Rcs rimasto incagliato con Stefano Ricucci, deve ricominciare
da zero. E non è la prima volta: a più battute quote del Corrierone
sono state offerte a potenziali investitori, quali Luigi Zunino o
Romain Zaleski. Ma non se n'è mai fatto nulla. E il perché, ufficioso
e mai ufficiale, è che il patto di sindacato di Rcs, o meglio qualcuno
del patto, non è mai d'accordo.

Un sindacato (che controlla il 63% di Rcs) composto da 15 soci, che
vanno da Mediobanca a Fiat, da Tronchetti Provera a Bazoli, da
Capitalia a Intesa, da Della Valle a Romiti. Poteri fortissimi dunque,
che, in questo «salotto», si controllano a vicenda in un equilibrio
delicato, ben sapendo che un nuovo socio importante, prima o poi, è
destinato a sedersi anch'esso sul divano buono. Per questo Mediobanca
e Capitalia non erano certo entusiasti all'idea di un rafforzamento
«collaterale» di Banca Intesa e del suo presidente Giovanni Bazoli,
come avrebbero potuto interpretare l'ingresso di Zaleski (amico e
socio di Bazoli nelle Generali) o di Zunino, (immobiliarista e grande
cliente di Intesa).

Ora è toccato a Benetton. E Romiti fa capire che anche questa volta il
progetto ha trovato un suo stop particolare. Che i bene informati
attribuiscono proprio a Intesa: nonostante l'inventiva di Vitale
(considerato a torto o a ragione vicino allo stesso Bazoli),
nonostante la neutralità di un gruppo che non ha in portafoglio
partecipazioni di «potere» e che nel Corriere poteva trovare quella
«diversificazione» editoriale che da anni cerca con fatica sul
Gazzettino (in lotta con Caltagirone), nonostante tutto questo
Benetton rappresenta un rischio.

Un'alterazione degli equilibri di cui sopra che, a 20 giorni dalle
elezioni, suona male, affrettato, pericoloso. Senza dire dell'asse che
la famiglia di Ponzano Veneto ha con Tronchetti, soci nel controllo
del gruppo Telecom, o con Unicredito, banca amica. Meglio lasciare
perdere. E così una trattativa che Vitale voleva segreta è uscita in
anteprima sulla Lettera Finanziaria di Giuseppe Turani, provocando il
diniego immediato dei Benetton e il falò, definitivo, dei contatti.
Anche perché la sola notizia dello sblocco del pacchetto Ricucci ha
fatto schizzare i titoli Rcs (più 7,7%), sballando ogni ipotesi di
accordo sul prezzo.

Secondo questa lettura, anche in una vicenda apparentemente marginale
come può essere il destino di una quota di minoranza del Corriere, si
può cogliere l'attenzione che Bazoli riserva in questa fase a ogni
movimento relativo al presidio del territorio finanziario nazionale di
fronte a due prospettive: quella politica della vittoria elettorale
dell'amico Prodi e dell'Unione, e quella economica dell'inevitabile
riassetto, anche transnazionale, degli equilibri industriali,
finanziari e bancari...



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