di Francesco Carlà

Affari nostri: Chi ci sara' in ascolto?

del 26/06/2006
di Francesco Carlà

Carissimi Fwiani,

Due parole sugli scandali.

Se usassero di piu' l'email e meno
il cellulare, moltissimi degli indagati
di questi giorni se ne starebbero al
mare invece che al fresco.

Ma alcuni, come Vittorio Emanuele, sembrano
perfino preferire la patria galera alle
residenze regali dove, sono parole sue,
"l'aria condizionata non funziona bene".

Internet non gli piace, e' incontrollabile.

Lo studio Eurostat sul tema e' illuminante:
l'Italia e' un Paese analogico e non tecnologico:
contano ancora e sempre i giornali e i
telefonini. Angelucci Giampaolo, l'ultimo indagato
della lunga serie di questa estate appena
cominciata, di telefonini ne usava tanti,
e di giornali ne possiede addirittura due,
salomonicamente bipartisan:

Libero e il Riformista.

Su tutti e due scrive Oscar Giannino,
penna pungente ed analogica anche la sua,
da cui aspettiamo lumi su cosa stia
accadendo.

Ci parlera' anche del suo imprenditore?

Intanto forse capiamo meglio
perche' il neo senatore Polito, ex
direttore del Riformista sostituito
con timing pessimo da Paolo Franchi,
si stia battendo con tanto ardore per
una commissione parlamentare sulle
intercettazioni.

Una rivoluzione e' in corso.

Ormai tutti i 'famosi' (politici,
imprenditori, nani e ballerine,
giudici e faccendieri calcistici,
televisivi e giornalisti) guardano
con sospetto l'ex-fido cellulare.

Chi ci sara' in ascolto?

-Francesco Battistini - www.corriere.it
«Ci sporchiamo le mani oppure no?». Più forte, ragazzi... «Ci
sporchiamo le mani oppure nooooo?». Bene, bravi. Clap, clap. Un
pomeriggio d'autunno 2005, alle prove del Teatro Parioli compare anche
lui: il signor impresario Giampaolo Angelucci. Che è poco più vecchio
dei cantanti, ma ci mette i soldi. Che è tanto entusiasta del suo
nuovo amico, Maurizio Costanzo, da produrgli il musical Lungomare,
note di Alex Britti, interpreti gli Amici di Maria De Filippi. «Sì,
Angelucci lo conosco da tre anni e giuro, continuo a scuotere la testa
— dice Costanzo —. Ci siamo frequentati. Parlavamo di giornali, di
teatro. Di beneficenza: se in tv chiedevo denaro per qualcuno in
difficoltà, lui si faceva sempre vivo, per poi raccomandarmi di non
svelare la sua donazione. Qualche giorno fa ha pagato l'apparecchio
acustico della figlia d'una persona che lavora con me. Che dire? Uno
così sarà sempre mio amico. E da adesso lo stimerò anche di più».

Si sia sporcato le mani oppure no, angioletto Angelucci o piccolo
diavolo della tangente, il trentacinquenne Giampaolo che foraggiava
bipartisan sia il Riformista che Libero ancora una fortuna, nell'ora
della galera: può contare su pochi «Angelucci chi?». Semidimenticato
giusto a Italianieuropei, lafondazione di Massimo D'Alema, dov'è
subito «uno che s'incontrava semel in anno e in rari eventi» e non
sanno chi lo presentò nel 2003, quando arrivò col suo sostegno di 75
mila euro: «Un contributo trasparente — certifica il tesoriere, Andrea
Peruzy —: la sua Tosinvest ha sottoscritto il nostro patrimonio e
comprato 5-6 pagine di pubblicità del nostro bimestrale. Tutto qua».
Semiricordato giusto all'Unità, dove pure Angelucci metteva dei soldi
e ora consigliano di rivolgersi altrove.

Un Angelucci alla mia porta: chi non l'ha avuto? Perché fragile e
facile alle depressioni, come descrivono il giovane Giampaolo, un
insonne da 4 ore a notte, era lui a parlare, trattare, cogestire
neoliberisti e neoriformisti, cliniche e direttori. Un curioso dei
giornali, con un'ammirazione sconfinata per Feltri, Pansa e Oscar
Giannino. Un talentuoso della finanza con la fissa delle diete e della
ginnastica. Titolare di una barca in Sardegna che non salpa quasi mai.
Di una casa a Cortina che non usa quasi mai. Di una fidanzata che
(dicono) non cambia mai. Col terrore dei sequestri e munito d'una
scorta armata degna d'un ambasciatore a Bagdad. «Un po' impulsivo —
concede un amico — e chissà, può essere capitata anche a lui l'ora del
coglione, quella della sciocchezza fatale...». «Un po' presuntuoso —
affonda un ex amico —, coi peggiori difetti dei nuovi ricchi».

Difetti, debolezze. Come la prima Ferrari su cui Schumacher vinse un
Mondiale: Giampaolo se la comprò e l'espose subito nel salotto buono
della casa marchigiana di Senigallia. Come gli orologi antichi. Come
la sontuosa quadreria messa insieme a Roma, una sessantina fra De
Chirico e De Pisis. Il più sfigatino dei tre fratelli in adolescenza
ha sofferto un po' i gemelli maggiori — l'Alessandro tutto azienda e
figliolanza, l'Andrea tutto donne e motori — e ha sudato per risalire
la china familiare a suon di master. Quando papà Antonio ha messo
l'impero della sanità privata sulle sue spallucce, lui che è il
cherubino degli Angelucci, lui che ha quella faccia così secchiona e
perbene, nessuno s'è stupito troppo. «Giampaolo — descrive l'ex amico
— adora Schumacher perché vorrebbe somigliargli: vincere ad ogni
costo, magari tagliando qualche curva». «Scegliere tra bene e male —
cantano i ragazzi di Lungomare — sembra sempre possibile, quando si è
giovani. Ma poi gli eventi ci inducono a imboccare una strada...».
Curve, tangenti, eventi. E al rush finale, un Angelucci dalla faccia
(più) sporca.

A presto,
Vs. Francesco Carla'.


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