di Francesco Carlà

Affari nostri: Calcio d'inizio

del 27/06/2006
di Francesco Carlà

Carissimi Fwiani,

Il calcio ha bisogno di essere riorganizzato.

Su questo non c'e' decisamente dubbio, anche
se avremmo fatto fatica ad immaginare, fino a
qualche mese fa, che a pensarci sarebbero
stati i magistrati.

Adesso vorrebbero occuparsene le banche d'affari.

Fiutato il vento giusto, il calcio e' una
'distressed security' come direbbero a
Wall Street, Goldman Sachs e ABN Amro,
se ne sono uscite con proposte di razionalizzazione
dei tornei e dei campionati, sia delle
nazionali che delle squadre di club, che
potrebbero rivoluzionare i calendari calcistici
cosi' come da sempre li conosciamo.

Per esempio facendo diventare il mondiale
biennale invece che quadriennale, e moltiplicando
gli impegni di Champions League, liberando
i calciatori dalle lunghe qualificazioni per
gli europei e la world cup.

La faccenda ha un senso anche e soprattutto
economico e finanziario e potrebbe rendere
seicento milioni di euro in piu', all'anno,
alle dissestate casse dei club piu' popolari,
tra cui un paio di quelli italiani coinvolti
nello scandalo di Moggiopoli.

Naturalmente sono solo proposte anche
se ben sponsorizzate.

I soldi contano, ma serve ancora di piu'
che il calcio eviti di diventare il
Wrestling del prossimo decennio.

Altrimenti non varra' piu' nulla.
Nemmeno per le banche d'affari.

-Da Guido Santevecchi www.corriere.it
Le proteste più o meno snob sono già cominciate: troppo calcio.
L'Independent ha lanciato una guida per sopravvivere all'overdose
televisiva. Tra le «101 cose da fare invece di guardare le partite»
suggerisce di partecipare alla pedalata naturista: tutti nudi in
sella; appuntamento sabato alle tre, proprio quando l'Inghilterra
debutterà contro il Paraguay. Ma i calciofobi potrebbero doversi far
venire i calli al soprassella se dovesse passare la proposta lanciata
ieri sulla prima pagina del Financial Times: Coppa del mondo ogni due
anni. Il progetto, che eccita la fantasia del quotidiano della City, è
stato elaborato per conto del G-14, la superlega dei più gloriosi (e
ricchi) club europei, dal Real Madrid, al Liverpool, al Bayern Monaco.
Per l'Italia Inter, Milan e Juventus.

La proposta, battezzata Grand Slam World, è contenuta in una
riorganizzazione rivoluzionaria dei campionati studiata per rafforzare
il potere e i bilanci delle società. Anche l'Europeo raddoppierebbe la
frequenza e le nazionali sarebbero divise in tre divisioni, con le
migliori 16 ammesse a giocarsi la coppa e le quattro peggiori di ogni
torneo retrocesse alla serie B per l'edizione successiva, due anni
dopo. Le prime 12 nazionali degli Europei sarebbero ammesse al
Mondiale, senza bisogno di giocare i gironi eliminatori. Proprio qui
sta il cuore del piano (elaborato dalla società di consulenza olandese
Hypercube): senza più partite di qualificazione per le nazionali, si
recupererebbe spazio nei calendari per allargare la Champions League.
L'opzione Grand Slam prevede una Champions a 48 squadre invece delle
attuali 32, con 269 partite al posto delle 125 a stagione. Nelle casse
dei club entrerebbero 600 milioni di euro in più ogni anno. Non c'era
da dubitare che l'idea di organizzare i Mondiali e gli Europei ogni
due anni fosse frutto di un calcolo industriale e non un regalo ai
tifosi del «gioco più bello del mondo».

Gli uffici studi delle grandi banche internazionali hanno preparato
valutazioni dell'impatto dei Mondiali di Germania sull'economia
globalizzata. I ricercatori della olandese Abn Amro hanno tirato fuori
«Soccernomics»: secondo i loro calcoli la nazionale che vince la Coppa
procura al Sistema Paese un incremento dello 0,7% di crescita
economica su base annuale. Per inciso, gli analisti di Amro tifano per
gli azzurri, perché «nell'interesse degli equilibri globali» è la
debole economia italiana che ha più bisogno di una spinta. Ma l'affare
sarà grande per tutte le nazioni finaliste: il Centre for Economics
and Business Research di Londra valuta un totale di 19 miliardi di
euro. Anche se a causa dell'assenteismo della forza lavoro durante le
partite dell'Inghilterra, il Regno Unito potrebbe perdere 100 milioni
di sterline al giorno. Non poteva mancare una proiezione dei padroni
di casa tedeschi. Il rispettatissimo Istituto per l'Economia di
Colonia, finanziato dal governo di Berlino, ha calcolato che il
Brasile batterà in finale l'Italia, e a seguire arriveranno
Inghilterra e Olanda.

Anche Goldman Sachs ha elaborato un rapporto di 60 pagine sulla Coppa
del mondo e le opportunità di investimento. Il think tank della grande
banca d'affari ha messo in relazione il Prodotto interno lordo
pro-capite delle nazioni con la classifica Fifa delle nazionali e poi
ha sentenziato che i Paesi che hanno maggiori risorse finanziarie e
investono nel calcio hanno squadre più forti di quelli poveri che non
investono. Brillante intuizione. «C'è davvero un collegamento tra
calcio e economia globale o stiamo solo cercando una scusa per
divertirci?», ha detto con una buona dose di autoironia Jim O'Neill
capo dei ricercatori di Goldman Sachs. Bill Shankly, grande manager
del Liverpool anni 60, diceva: «Per alcuni il football è una questione
di vita o di morte. No: è una cosa molto più importante». Come dargli
torto?

A presto,
Vs. Francesco Carla'.


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