di Francesco Carlà

Affari nostri: Sabina Guzzanti e la bonifica

del 10/07/2006
di Francesco Carlà

Carissimi Fwiani,

Il fatto e' che non se ne puo' davvero piu'.

La Guzzanti non vuole tornare in Rai, nemmeno
adesso che forse potrebbe per via del nuovo
governo, perche' ne ha piene le tasche di un
sistema che lottizza anche i centralinisti.

Non le piace l'idea di essere un'artista con
il cartellino politico.

Come la capisco.

Non sono solo gli artisti a girare con i
cartellini dei partiti o dei potenti che
li rappresentano e li tutelano.

Tante volte mi sono chiesto come faccia
un professionista, magari anche bravo,
a sopportare l'etichetta di 'uomo di'.

E' una vera schiavitu' politica.

Questo sistema, che esiste dagli anni settanta,
ha massacrato la qualita' e il prestigio
di quasi tutte le nostre istituzioni e imprese.

Ed e' un altro dei motivi principali della
crisi economica e sociale italiana che rischia
di morire per asfissia della bravura e della
creativita', soffocata dalla lottizzazione e
dal padrinaggio.

La ribellione a questo sistema non solo e'
giusta, ma e' sempre piu' necessaria.


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—Da Paolo Conti www.corriere.it
«Non trovo dignitoso accettare di tornare alla Rai finché non si è
riformato il sistema delle nomine e non la si fa finita per sempre con
la lottizzazione». Parola di Sabina Guzzanti che manca dagli schermi
Rai con un suo programma dal novembre 2003, ovvero da quando l'azienda
di viale Mazzini congelò il suo «Raiot» su Raitre. «Per spiegarmi, non
trovo proprio dignitoso lavorare o non lavorare a seconda del governo
che c'è in quel momento... è chiaro che io sono, diciamo così, più
"antipatica" al centrodestra che al centrosinistra. Ma questo sistema
è professionalmente inaccettabile e lavorare in simili condizioni non
sarebbe rispettoso di se stessi e della stessa democrazia, nel senso
più profondo ed esteso del termine». Non le mancherà la tv? «Direi che
ho mille altre cose da fare, per fortuna». Per esempio in questi giorni
Sabina Guzzanti è attivissima sostenitrice della proposta di legge
popolare per la riforma del sistema televisivo.
Tra i primi firmatari c'è Tana De Zulueta, parlamentare verde. Entro il
25 luglio le firme dovranno essere 50 mila, sono già a quota 35 mila.
Senso del tutto: abolizione della commissione parlamentare di Vigilanza,
sganciamento della Rai dai partiti, nomina del Consiglio di amministrazione
Rai affidato a un Consiglio per le comunicazioni audiovisive.
Uno schema non lontano da quello ora applicato in Spagna e Gran Bretagna.
Dice Guzzanti: «Quando i passanti mi riconoscono mentre raccolgo le firme mi
dicono "ma tanto adesso che problema c'è, l'Unione è al governo, tu tornerai
a fare tv". Proprio questo è per me assurdo. Cioè una logica servile,
comunemente accettata, in base alla quale "puoi" lavorare in Rai se c'è un
politico che ti protegge, oppure se finalmente il governo di turno te lo
permette perché è più simpatico dell'altro. E poi bisogna capire quanto è
simpatico davvero... » Ovvero, Guzzanti? Un sorriso. E silenzio sull'argomento.
Non sul resto, sul cuore del problema: «Cioè se cade un governo, poi ne torna
un altro e tu riappari in tv, alla fine diventa un segno chiaro di complicità
con un sistema ».
Ma quando ha maturato questa decisione? «La decisione è arrivata dopo
quest'ultimo periodo. Alla Rai sono avvenute tante e tali cose, così pesanti
e incisive al punto da minacciare la stessa democrazia, che è diventato
impossibile far finta di niente». Lei pensa che l'Unione procederà a una nuova
lottizzazione della Rai? Guzzanti ride: «Non lo so... certo, sarebbe bello se
questo governo avviasse una aabbonatica riforma del pubblico. Sarebbe il
segnale che l'Unione avrebbe elaborato una vera analisi di quanto è accaduto
intorno alla tv italiana in questi ultimi anni ». Vede segnali? «Ho visto qualche
dichiarazione del ministro Paolo Gentiloni che sembra andare in questo senso.
Non so quanto sentita. Vedremo. Per ora aspettiamo».

A presto,
Vs. Francesco Carla'






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