di Francesco Carlà

Affari nostri: Tronchetti Provera e la barzelletta del capitalismo italiano

del 18/09/2006
di Francesco Carlà

Cari Fwiani,

L'ho saputo da quelli di SkyTG24 alle nove di sera.

Mi chiedevano un commento in diretta, per il loro TG,
sulle dimissioni di Tronchetti Provera da presidente
della Telecom e sul nuovo presidente, Guido Rossi,
anche commissario della FIGC.

Ho detto, e qui ripeto, tre cose che dico spesso:

Apprezzo il rispetto delle forme di Marco Tronchetti Provera
e le modalita' delle sue dimissioni: venerdi' sera,
Borsa italiana chiusa e Wall Street in chiusura che ha
reagito al rialzo sulle azioni di TI quotate anche in Usa.
Alle Borse vere piace molto la chiarezza;

Considero letale il messaggio che il Governo italiano
sta mandando agli investitori di tutto il mondo: "Da noi le
privatizzazioni si fanno all'italiana, si vende quando e a chi
ci pare e come ci pare, senza considerare attentamente prezzi,
vantaggi e svantaggi pubblici, tanto il cordone ombelicale con
le nostre aziende ex-pubbliche non si taglia mai per sempre".
Un messaggio che arriva chiaro anche per ENI ed ENEL;

Tronchetti Provera ha forse pagato un po' cara Telecom Italia
da Gnutti e Colaninno, ma l'esistenza di clienti (e piu' di uno)
per TIM a 30 o piu' miliardi di euro, dimostra che l'azienda non
e' economicamente messa male, ma e' politicamente messa
assai male.

Il capitalismo italiano e' una barzelletta perche' la politica non
fa sempre il suo mestiere (strategia generale, regole e controlli
imparziali) e i capitalisti, spesso, nemmeno (investimenti veri,
e rischio aabbonatico).

Oltretutto sta diventando una barzelletta vecchia e il resto del mondo
non ride piu' da un pezzo.


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-www.repubblica.it
Giovanni Pons: "Vogliono tagliare le unghie a Telecom,
ma con voi e Guido Rossi l'azienda sarà più libera". La giornata campale
di Marco Tronchetti Provera, culminata con il passo indietro dalla
presidenza Telecom, è entrata nel vivo nella tarda mattinata di ieri, dopo
il consiglio di amministrazione di Mediobanca. Un incontro con
Gilberto Benetton, suo socio in Olimpia, la scatola che contiene il controllo
di Telecom, dal quale è uscito di pessimo umore. Poi, verso le 14, veloce
colloquio con i due amministratori delegati, il fedelissimo Carlo Buora e il
gestore dell'azienda, Riccardo Ruggiero.

Quindi le convocazioni dei consiglieri per una riunione improvvisa e
supersegreta in cui il presidente avrebbe dovuto aggiornare i presenti
sull'incontro con Tommaso Padoa-Schioppa e sugli ultimi sviluppi del duro
scontro in atto con il governo Prodi. Ma nessuno si aspettava un colpo di
scena così radicale come le dimissioni.

"Vi devo mettere al corrente delle verità e delle non verità", ha detto
Tronchetti Provera ai presenti, "finché io sono qua questa azienda viene silurata.
Da molto tempo è in atto un attacco, da parte delle Autorità e della politica che
interferisce con le Autorità". Ma dove vuole arrivare, si è chiesto più di uno dei
consiglieri presenti? E piano piano si è cominciato a capire che l'approdo finale
di quel discorso così accalorato non avrebbe potuto che essere il passo indietro.
Un gesto che sia qualcuno della stampa sia internazionale che italiana aveva
chiesto già nei giorni scorsi, dopo la presentazione del piano di scorporo della
telefonia mobile e della rete, con il sostanziale cambio di strategia rispetto a
diciotto mesi fa. "Sono costretto a ritirarmi, sotto il tiro delle menzogne del governo
e di fronte ad atti non istituzionali messi in campo negli ultimi giorni", ha lamentato
ancora Tronchetti Provera di fronte agli stupefatti consiglieri d'amministrazione.

Il corto circuito, secondo una ricostruzione attendibile, era comunque già
avvenuto due giorni prima. Quando Romano Prodi ha deciso dalla lontana Cina
di diramare un comunicato stampa durissimo con cui ha messo in piazza l'esito
di due incontri avvenuti con il presidente della Telecom a luglio e all'inizio di settembre.
I presunti "verbali" degli incontri con Prodi avrebbero rappresentato la classica goccia
che ha fatto traboccare il vaso. Cui è seguita, per la verità, la pubblicazione sul
Corriere della Sera e sul Sole 24 Ore del cosiddetto piano Rovati sullo scorporo
della rete dalla Telecom.

"Allora è meglio che me ne vada - ha concluso il manager-azionista, che resterà
alla guida della Pirelli - l'azienda con voi e con Guido Rossi sarà più libera, così
potranno finire le persecuzioni".

Di fronte al passo indietro ormai dichiarato da parte del principale esponente della
società alcuni consiglieri hanno cercato di prendere in mano la situazione e di
riportarla sui binari della normalità. "Così facendo si dà ragione all'altra parte, si
rafforza chi ci sta attaccando", ha sostenuto più di un consigliere prima che il cda
quasi all'unisono tentasse di respingere le dimissioni. Ma Tronchetti, nella sua scelta,
si è dimostrato irremovibile. "Qualcuno deve dare la dimostrazione che questo
andazzo non è tollerabile", è stata la sua replica. Dimissioni irrevocabili, dunque.

Quando si è capito che ormai il dado era tratto e che non si sarebbe più tornati
indietro, nella sala del consiglio è entrato il presidente in pectore, Guido Rossi.
Ha ringraziato Tronchetti Provera e ha ricordato che per lui si trattava di un felice
ritorno, in quanto era già stato nominato al vertice Telecom nel 1997, durante il
primo governo Prodi, per traghettare la società verso la privatizzazione.
Un ritorno salutato con favore da molti dei presenti. "È un gesto giusto, ben pensato,
la figura di Rossi è positiva sotto molti profili. Se è vero che Telecom è sotto attacco,
Rossi è la persona più adatta a difenderla in questo frangente", confida alla fine
della riunione un consigliere.

Il ragionamento alla base del cambio della guardia è semplice. Un'azienda come
Telecom Italia non può andare avanti con uno scontro in atto, anche personalizzato,
con il governo. L'Authority, che risente dell'influenza politica, è in grado di metterla
con le spalle al muro e dunque l'unica soluzione possibile era il passo indietro di uno
dei due contendenti. In questo caso di Tronchetti Provera. Sullo sfondo si può cogliere
anche una coloritura politica non indifferente. Rossi è sicuramente più vicino a
Massimo D'Alema che a Romano Prodi e il ministro degli Esteri sembra al momento
l'unico esponente politico in grado di agire da mediatore e di far rientrare una crisi che
si stava trasformando in una valanga.

Il consiglio di ieri ha confermato il piano di societarizzazione che era stato approvato
solo lunedì scorso. Dunque apparentemente tutto va avanti secondo quella linea.
Ma è evidente che l'eventuale vendita di Tim prima di essere vagliata sarà oggetto di uno
scrutinio assai approfondito. Rossi sarà un presidente di garanzia che deve tutelare
tutti gli azionisti, non solo Olimpia che possiede il 18% delle azioni. Quindi non si
possono escludere anche bruschi cambiamenti di rotta rispetto all'impostazione
strategica e manageriale fin qui portata avanti. Buora rimane il braccio destro di
Tronchetti Provera in azienda, mentre a Ruggiero continua a essere affidata l'operatività
quotidiana. In attesa di vedere se questo scrollone senza precedenti farà sentire le sue
ripercussioni anche nella parte alta della catena di controllo, quella più sensibile.


A presto,
Vs. Francesco Carla'






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